PANDA SUPERNOVA I
1982-1986
Superata la soglia dei sei anni di carriera, forte di circa 1500000 esemplari prodotti e dopo il lancio di numerose versioni speciali per rinfrescare la gamma, sia a due che quattro ruote motrice, negli ultimi mesi del 1985 l’azienda annuncia che lancerà la nuova Panda. Fedele a se stessa nella linea originaria impostata da Giorgetto Giugiaro, verrà solo riammodernata e resa più al passo coi tempi ma, allo stesso tempo, completamente rinnovata di meccanica, soprattutto per quanto riguarda di i propulsori, il telaio e gli organi sospensivi posteriori, dove viene abbandonato l’assale rigido a balestre. Le prime immagini e gli schemi tecnici del progetto 141A appaiono sulle testate specializzate a dicembre, si ci concentra, appunto, sottopelle, dove viene confermato un retrotreno del tipo a ponte ad “Omega”, ossia assiale rigido a “U” con un ancoraggio elastico centrale e due puntoni longitudinali. Completano lo schema dei corti molloni elicoidali e degli ammortizzatori, disassati dietro al ponte e inclinati in avanti. Per ospitarlo vengono modificati anche il pianale ed il serbatoio benzina, installato nell’incavo dell’Ω. Secondo la casa, la scelta del ponte ad “Omega”, permette di coniugare i pregi di una sospensione a ruote indipendenti – confort di marcia e capacità di filtrare le asperità – con quelli di una ad assale rigido, robustezza direzionalità e stabilità su ogni tipo di fondo. Per quanto riguarda sterzo, freni e sospensioni anteriori (identiche a quelle della I Serie, a ruote indipendenti con bracci oscillanti e puntoni obliqui, ammortizzatori idraulici telescopici a doppio a doppio effetto concentrici alle lunghe molle elicoidali), siamo di fronte a organi per lo più condivisi, come il telaio, con la Autobianchi Y10, lanciata sul mercato da meno di un anno. Per quanto riguarda le motorizzazioni invece, definitivo l’abbandono dell’unità bicilindrica della 30 e di quella di 903 cm3 ad “aste e bilancieri” (ma per quest’ultima, vedremo poi che si tratterà di un allontanamento temporaneo più che di un abbandono) e l’adozione di propulsori F.I.R.E., il primo già visto nella configurazione di 999 cm3 sulla Autobianchi Y10 e sulla Uno: si tratta di un’unità molto innovativa, prodotta in una linea (la “3”) specificatamente allestita nello stabilimento molisano di Termoli, denominato Fully Integrated Robotized Engine (ossia “motore completamente robotizzato”, ma ben più noto col suo acronimo già citato, che in inglese significa “fuoco”, denominazione usata anche per identificare le versioni di diversi modelli dell’orbita Fiat dotati dell’unità in oggetto) e lanciato proprio per sostituire gradualmente i precedenti Tipo 100 ad “aste e bilanciere”.
Il motore, che inizialmente sarebbe dovuto essere prodotto in collaborazione con Peugeot ma seguirà poi invece uno sviluppo interno, è caratterizzato da un albero a camme in testa, due valvole per cilindro, albero motore in acciaio fucinato che gira su cinque supporti di banco, distribuzione a cinghia dentata e accensione elettronica senza contatto tipo “breakerless” (sulla Panda sarà inizialmente elettromeccanica poi breakerless). Il team che la realizzerà, guidata dall’ing. Stefano Iacoponi, ha come imperativo la realizzazione di un propulsore compatto, leggero e più risparmioso rispetto ai precedenti, assemblabile con un numero di componenti minore possibile. Queste caratteristiche, seguite alla lettera, avrebbe garantito l’utilizzo di appena 273 pezzi mentre, come termine di paragone, il 1050 cm3 prodotto in Brasile e montato anch’esso su Y10 e Uno, ha ben 368 elementi mentre il F.I.R.E. 999 cm3, rispetto al 903 cm3 “aste e bilancieri”, nonostante la maggior cilindrata, è più leggero di 9 kg. Su strada invece, il F.I.R.E. permette all’utente un importante risparmio di carburante, ottenuto grazie ad una miscela aria/benzina piuttosto magra mentre, fra le caratteristiche più apprezzate, ci sarà un vero e proprio dispositivo “salvamotore”, ossia la peculiarità che l’apertura massima delle valvole sia minore del PMS del pistone e quindi lasciare spazio sopra al cielo dello stesso, il che permette, in caso di rottura improvvisa della cinghia di distribuzione, di non riportare danni né alle valvole né ad altre componenti del cilindro.
Tornando alle anticipazioni sulla nuova Panda fatte trapelare dalla stampa specializzata a fine 1985, troviamo un’altra importante novità: se infatti l’unità F.I.R.E. di 999 cm3 da 45 CV già nota (156A2.000) sostituirà il precedente 903 cm3, anche la 30 sarà sostituita, sempre da un F.I.R.E. ma in questo caso con una nuova unità con cilindrata ridotta a 769 cm3 (156A4.000), in grado di erogare una decina di cavalli in meno del “1000”. Questa caratteristica genererà l’unica incertezza ancora aleggiante sulla nuova Panda, se la versione con motore 769 cm3 sarà denominata “34”, come la omologa antenata destinata solo all’esportazione, dotata del 903 “aste e bilancieri” depotenziato a quella dotata del “Fire 1000” “45”, come il modello che sostituisce.
LA NUOVA PANDA
“Nuova Panda mantiene quell’impronta personale, moderna e funzionale che ha contribuito a decretarne il successo in Italia e in Europa. Più che mai la simpatica, pratica, personalissima vettura che ben conosciamo, dunque, ma con un aspetto ancora più attuale ed attraente”.
brochure “Anteprima Fiat”
Ogni dubbio verrà fugato alla presentazione ufficiale, che avviene il 6 gennaio 1986, quando addetti ai lavori e stampa specializzata scoprono che le diverse versioni dell’inedita gamma, sono identificate non più con la potenza in cavalli ma con le due cilindrate disponibili, arrotondate a “1000” per il 999 cm3 e a “750” per il 769 cm3.
Esteticamente invece, siamo di fronte al più importante restyling intervenuto sulla Panda tra il 1980 e il 2003, nonostante, come già accennato, la linea originaria – e quindi la maggior parte dei lamierati e della scocca – non verrà intaccata da alcuna modifica. La filosofia è infatti quella di assoluta continuità stilistica e, come leggiamo dalla brochure “Anteprima Fiat” – pubblicazione riservata alle forze di vendita e per l’addestramento commerciale di Fiat Auto Spa – “Nuova Panda mantiene quell’impronta personale, moderna e funzionale che ha contribuito a decretarne il successo in Italia e in Europa. Più che mai la simpatica, pratica, personalissima vettura che ben conosciamo, dunque, ma con un aspetto ancora più attuale ed attraente”.
La caratteristica più importante è la scomparsa della lamiera zigrinata nella parte bassa delle fiancate, ora sostituita da una più semplice e moderna totalmente liscia. A livello di lamierati, sulla Supernova assistiamo alla comparsa di un nuovo portellone posteriore più lineare e dal profilo ripulito del vano porta targa, ospitata ora in un alloggiamento dedicato nel paraurti. Abbiamo inoltre un parafango orizzontale posteriore, creato nella parte alta del passaruota, raccordato anteriormente a un inserto verniciato di nero e posteriormente al paraurti rivisto, ora in plastica nera, lo stesso materiale scelto per quello anteriore, anch’esso dotato di un disegno inedito. Anche sull’anteriore scompaiono le zigrinature inferiori così come gli spoilerini, mentre le prese d’aria vengono ora caratterizzate da due ordini di 6 feritoie l’uno, in luogo alla precedente che ne aveva solo uno ma con feritoie più larghe. Lo specchietto retrovisore torna ad essere alla base del finestrino ma ora ha un nuovo disegno ed un sostegno rivestito da un soffietto in gomma morbida, sulla falsariga di quello della Uno. La mascherina riprende quella della precedente Super, ossia 9 listelli orizzontali a tutta larghezza con scritta “Fiat” inserita nei quattro rombi che viene applicata in basso a destra e cinque barre oblique cromate al centro, nuovo “vessillo” di tutti i modelli della Casa del Lingotto degli anni ’80. Inoltre, a differenza delle 30/45 Super, la mascherina qui non ha più le sole aperture in prossimità del filtro ma l’aria passa dall’intera superficie ed è più inclinata, così come più morbido è il disegno dei nuovi proiettori, sempre composti dal fanale quadrato principale e dall’indicatore di direzione angolare. Altra novità è il finestrino liscio, privo di deflettori mentre lo sbrinatore del lunotto è ora con resistenze orizzontali e non più radiali. Inedito il tappo carburante.
Invariate le altre peculiarità rispetto al modello precedente: le prese d’aria maggiorate alle estremità della base del parabrezza, la mono-spazzola tergicristallo con posizione di riposo a sinistra, la presa d’aria sul cofano motore, in alto, leggermente disassata a sinistra, composta da 12 elementi, apertura porte a pulsante con blocchetto serratura e incavo sulla lamiera per entrambi gli sportelli e la copertura in plastica nera della cerniera superiore della portiera. Sempre nero è il “tappo” ovoidale in gomma nera per quella inferiore, mentre per i cerchi si scelgono gli stessi delle versioni L e CL della gamma uscente (4,00 BX13”) caratterizzati da 16 aperture e mozzo centrale nero. Come per altri modelli del marchio, riviste le grafiche: ora le scritte sono più piccole che in passato, mentre sono rese tridimensionali dalla verniciatura argento lucido su base blu. Anche negli interni abbiamo un rinnovamento leggero ma ben calibrato: viene mantenuta la caratteristica plancia a tascone in tessuto, con tubo di sostegno inferiore ma il “cassettone” che ospita strumenti e pulsantiera è più ampio e moderno. La strumentazione è suddivisa in “blocchi”, come su altri modelli del gruppo, con tachimetro circolare dotato di grafica ripresa da Uno e Y10 e contachilometri a sei cifre. Gli indicatori del carburante e della temperatura acqua (dove previsto) sono ora più grandi e leggibili, le spie sono disposte sulla “sagoma” stilizzata della vettura vista dall’alto e le lancette metalliche con perno nero. I comandi della climatizzazione sono sempre a levette scorrevoli verticalmente ma più intuitive e non più incassate, mentre i pulsanti sono solo più quattro (con bordino inferiore rinforzato e retroilluminato su Super), e la bocchetta è ora orizzontale e non più verticale. Riviste anche le bocchette per lo sbrinamento del parabrezza e quelle laterali per la ventilazione dell’abitacolo. Invariati invece, il devioluci a tre levette (indicatori di direzione e anabbaglianti/abbaglianti/lampeggio a sinistra, tergicristallo anteriore a destra), il posacenere asportabile e scorrevole sul tubo inferiore del tascone e la cappelliera bagagliaio in moquette abbattibile contro lo schienale (sulle versioni più accessoriate). Definitivamente eliminata dalle versioni più accessoriate invece, a causa dell’incompatibilità con le nuove norme sulla sicurezza stradale e soprattutto di ritenzione di neonati e bambini, la possibilità di trasformare il sedile posteriore in una culla: lo si può notare dall’assenza degli appositi sostegni sui pannelli laterali posteriori. Così equipaggiata, la Panda Supernova, sarebbe risultata più moderna, dinamica ma anche proporzionata ed equilibrata: il suo disegno infatti, con pochissime modifiche, sarebbe arrivato indenne fino al nuovo Millennio. Cresciute anche le dimensioni: quasi 3 cm in più in lunghezza (per 3408 mm totali), più di 3 cm in larghezza e 2,5 cm in altezza. Maggiore poi la carreggiata, per lasciare posto al nuovo ponte posteriore. Solo il passo rimarrà invariato. Oltre alle due motorizzazioni, la Panda Supernova – denominazione commerciale scelta, nonostante questa non apparirà mai sulle carrozzerie delle vetture – è subito disponibile in una gamma completa di tre allestimenti, L, CL e Super, le stesse denominazioni utilizzate per la gamma del 1983 della prima serie.
GLI ALLESTIMENTI
L è l’allestimento più spartano, modello di transizione col passato, come si evince dagli interni che presentano i sedili a struttura tubolare senza poggiatesta (ottenibili come optional) in finta pelle azzurro rigato o, a richiesta, in tessuto Mixer a righe verticali multicolore con impunture “a quadroni”. Il volante è lo stesso a due razze oblique con mozzo centrale quadrato ospitante il comando per il clacson della prima serie così come il pannello porta, caratterizzato dal tascone al guidatore di piccole dimensioni, per il pannello orizzontale con imbottitura “a quadroni” e la parte inferiore in lamiera zigrinata. Le cinture di sicurezza anteriori sono di serie, così come il lunotto termico e le luci di emergenza, la fascia alla base del parabrezza è in lamiera verniciata in tinta, con due unità di prese d’aria per il parabrezza da tre feritoie ciascuna (due piccole e una grande) e le due laterali per l’abitacolo. Come optional sono disponibili i sedili reclinabili, il tergilavalunotto e gli appoggiatesta anteriori.
La CL introduce invece i nuovi sedili: per forma e fattura riprendono quelli della Autobianchi Y10 (nel servizio fotografico realizzato per il lancio, sono identici persino gli appoggiatesta e la maniglia per il ribaltamento, ora a metà schienale e non più alla base) ma sono più imbottiti, sia davanti che dietro, anatomici, profilati e con schienale più alto. L’imbottitura è composta da panno, sulla CL il Tequila di colore grigio con quadrettatura azzurra e da un tessuto vinilico (finta pelle) per fianchetti e posteriore, mentre gli appoggiatesta anteriori sono in schiumato nero. Oltre alle dotazioni della L, la CL offre poi vetri posteriori apribili a compasso, il tergilavalunotto, i sedili anteriori reclinabili, la cappelliera per il vano di carico (in plastica nera), la moquette antracite al pavimento, mentre optional è il tetto apribile in tela, suddiviso in due pannelli come sulla originaria “Tetto Apribile”.
Più ricca della gamma risulta essere la Super, fortemente caratterizzata, rispetto alle sorelle più basiche, già dall’estetica dedicata: indicatori di direzione a vetro trasparente e non arancio, borchie ruota integrali in plastica verniciata argento con fori per i bulloni a mandorla e corona di feritoie quadrate tutto attorno al disco, montante centrale e contorni inferiori delle finestrature verniciati in nero satinato. Piuttosto completi anche gli interni: alla dotazione della CL si aggiungono cassetto portaradio e accendisigari, indicatore di temperatura dell’acqua, volante a quattro razze con logo Fiat in bassorilievo, tasti plancia con rinforzo, montanti e fascia alla base del parabrezza rivestita da un pannello di plastica nera e feritoie per lo sbrinamento riviste e maggiorate. Per il rivestimento dei sedili sono disponibili un panno “floccato” Panama sui toni grigio/azzurro o beige/marrone per sedute e tascone e finta pelle per fianchetti e parte posteriore dei sedili (gli stessi della CL). Sempre in finta pelle è l’intero pannello porta (tipo precedente Super) con portaoggetti per entrambi i lati. I fianchetti posteriori passaruota sono rivestiti in plastica nera, la leva del cambio rivestita da un “guscio” in gomma con base “a soffietto” (tipo Uno), specchietto retrovisore esterno regolabile dall’abitacolo (tramite una leva posta in prossimità dello stesso, alla base del finestrino), cappelliera rivestita in moquette, così come l’intero pavimento del pianale, in tinta tappezzeria e il posacenere per i sedili posteriori. Ma la dotazione probabilmente più importante, fornita di serie sulla versione 1000, è il nuovo cambio a cinque marce (optional per la 750). Tra gli optional ci sono anche il tetto apribile in tela, l’orologio analogico con indicatore dei secondi “mille righe”, i vetri atermici, la vernice metallizzata e gli pneumatici maggiorati 155/65 SR13 Pirelli “P8” (quelli di serie hanno misura 135/65 SR13). Fra le colorazioni di carrozzeria disponibili abbiamo sette tinte pastello (Roso Garanza – che è in realtà color mattone -, Bianco Corfù, Blu Lord, Azzurro, Nero, Grigio Oslo – in realtà beige – e Rosso Corsa) e 3 metallizzate solo per la Super (Grigio Chiaro, Visone e Turchese).
Come consuetudine di allora per il gruppo Fiat sono diversi, da Paese a Paese, gli abbinamenti motore/allestimento disponibili. In Italia le versioni L e CL sono disponibili con la sola motorizzazione 750 (riconoscibile sotto il cofano per la scatola filtro e la protezione della cinghia verde), alimentata da un carburatore Weber 32 TLF 11/250, in grado di erogare 34 CV a 5250 giri/min ed una coppia di 5,8 kgm (57 Nm) a 3000 giri/min. La S si può acquistare anche con motorizzazione 1000 (riconoscibile per la scatola filtro e carter cinghia rosso vivo) alimentata da un carburatore Weber 32 TLF 6/250, in grado di erogare 45 CV a 5000 giri/min ed una coppia di 8,2 kgm (80 Nm) a 2750 giri/min. In Francia, il motore da 1 litro è disponibile anche nell’allestimento intermedio CL mentre in Germania le versioni Super non sono disponibili.
LA PANDA DIESEL
Tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80, in Europa avrebbe cominciato una lenta ma costante diffusione il motore ciclo Diesel a gasolio. Partito dalle vetture più grandi come berline e station wagon poiché la clientela, dopo la crisi energetica, chiede consumi minori e motori più parchi, soprattutto per rappresentanti e chi viaggia in auto per lavoro, a inizio anni ’80, specialmente in Francia, iniziano a diffondersi piccole e moderne unità a gasolio anche per compatte e utilitarie, caratterizzate da una potenza piuttosto limitata rispetto ai benzina di pari cilindrata ma veri campioni in tema di abbattimento dei consumi. In Fiat, questa “nicchia” di mercato sarà assolta prima dalla 127 Diesel poi dalla Uno D, dotate del medesimo motore 1,3 litri – derivato dal benzina 1050 cm3 costruito in Brasile, con distribuzione ad asse a camme in testa, due valvole per cilindro e pompa meccanica Bosch – mentre questo non sarà mai previsto per la Panda prima serie. L’occasione del lancio della Supernova spinge la dirigenza a trovare posto anche per lui sotto il cofano, tanto che la Panda Diesel viene presentata ufficialmente ad aprile 1986: il motore 156A.000 ha una cilindrata di 1301 cm3 ma, considerato il minor peso della Panda, qui viene depotenziato a 37 CV invece che ai 45 della Uno D, con una coppia appena più bassa, di 7,2 kgm (70 Nm) a 2500 giri/min invece che 7,7 (75,5 Nm) a 3000 giri/min. La precamera di combustione è in acciaio. Per diminuire la fumosità a freddo la centralina di accensione è dotata di un sistema di post-riscaldamento della durata di 20 secondi.
Dei pannelli fonoassorbenti sono aggiunti nel cofano motore. Per sottolineare la vocazione economica e spartana della Panda D, l’unico allestimento disponibile, per layout esterno e interno, corrisponde a quello della L a benzina (riconoscibile per la scritta “Panda D” al portellone posteriore) anche se qui abbiamo il più elastico cambio a 5 marce, l’indicatore del riscaldamento candelette e quello della pressione olio nell’alloggiamento che sulla Super è per l’orologio, sopra le bocchette dell’aria centrali e la cappelliera per il bagagliaio. Rimangono invece a richiesta il tergilavalunotto, i sedili reclinabili e i poggiatesta. Nonostante il consumo medio contenuto in 5,5 litri per percorrere 100 km (a fronte dei 6,2 necessari al 750 F.I.R.E.), l’assurda tassazione italiana che grava sulle auto a gasolio all’epoca ne limiterà fortemente la diffusione, anche considerata comunque la già abbastanza spiccata parsimonia dei F.I.R.E.: la Panda D uscirà di listino nel 1989, dopo essersi arricchita, a settembre 1987, dell’allestimento CL (con manometro olio migrato nella strumentazione principale, al posto della spia eccessiva temperatura dell’acqua).
YOUNG E DANCE
Nei piani aziendali di Fiat, la Panda sarebbe stata dotata delle sole due motorizzazioni F.I.R.E. 750 e 1000 delle quali abbiamo lungamente parlato. D’altronde l’auto è in commercio ormai da sei anni e, nonostante il restyling che avrebbe generato la Supernova porterà un’importante ventata di novità e dinamismo, ora la Panda non è la sola proposta del gruppo per un certo tipo di clientela come le signore che la scelgono come seconda auto e i giovani, fra le quali ha dominato fino al 1983: ora ci sono anche la Uno tre porte e, soprattutto la Autobianchi Y10, caratterizzata da allestimenti molto curati. Si pensa quindi che la Panda, potrebbe conoscere una fisiologica contrazione delle vendite… ma mai previsione sarà più sbagliata e il raggiungimento del massimo della capacità produttiva della “linea 3” dello stabilimento di Termoli la dice lunga: gli ordini per la Panda arrivano a ritmo costante e i tempi di attesa si allungano. Considerato che la richiesta è diretta in particolar modo verso l’unità di 769 cm3 (nel solo 1986 ne vengono consegnate 131.000), la soluzione che viene in mente alla dirigenza è presentare un’inedita versione “d’attacco”, dotata di un motore di pari cilindrata e potenza da affiancare al F.I.R.E. Questo sarà individuato in una nuova unità “aste e bilancieri” (141B.000) derivata dal 903 cm3 ma in realtà più compatto, dotato di una cilindrata di 769 cm3 (stessi alesaggio e corsa del F.I.R.E., 65×58 mm), ugualmente erogante 34 CV ma, rispetto al F.I.R.E., caratterizzato da una coppia leggermente inferiore, di 5,5 kgm (54 Nm) a 3000 giri/min invece che 5,8 kgm (57 Nm) e consumi appena superiori, risultando comunque un motore parco ed economico, oltre che robusto e collaudato. Per rendere il modello equipaggiato con il riscoperto “aste e bilancieri” più appetibile si sceglie un allestimento moderno e ricercato ma vendibile al prezzo della L: presentata nel gennaio 1987, si chiamerà “Young”, in grado quindi di rivolgersi, fin dal nome, ad un pubblico di neopatentati e giovani in cerca di una vettura risparmiosa e adatta a tutti gli utilizzi. La Young disponibile nei soli colori Bianco Corfù, Grigio Oslo, Rosso Corsa, Azzurro e Rosso Garanza, è subito riconoscibile, oltre che per le borchie ruota semi-integrali simili a quelle della 30 Super del 1985, per decalcomanie applicate a fiancate cofano rappresentanti un profilo a cuneo nero e giallo con scritta gialla “Young” alla base del montante posteriore. Gli interni riprendono selleria e tessuto in panno Tequila grigio con microquadretti azzurri della CL, mentre della S, internamente riprende la leva del cambio rivestita, esternamente gli indicatori di direzione in vetro trasparente. Nel frattempo però, diventano a richiesta il tergilunotto e i vetri posteriori apribili a compasso, Rispetto alla CL il prezzo scende di ben 700.000 lire.
La Young avrebbe riscosso ampio successo e sarebbe restata in listino con alcuni aggiornamenti: a giugno 1988 avrebbe ricevuto un nuovo tessuto gessato e non più quadrettato, disponibile in verde e in blu, sempre con parte posteriore degli schienali in finta pelle, mentre l’allestimento esterno avrebbe presentato non più i filetti giallo/nero ma entrambi verdi o blu (con scritte del medesimo colore) in base alla verniciatura esterna (blu con interni gessato blu per Azzurro, Bianco e Rosso Corsa, verde con interni gessato verde per Grigio Oslo), mentre scompare il Rosso Garanza.
A metà 1989 la Young, che ha sostituito la L alla base della gamma, è disponibile nelle tinte classiche Rosso Corsa e Bianco oppure nelle inedite Azzurro Nautico (tutti e tre con filetti e tessuto blu) e Avorio Delphi (filetti e tessuto verde) mentre, come accessori sono disponibili lo specchietto destro, il tergilavalunotto, i passaruota supplementari e le cinture di sicurezza posteriori con arrotolatore. Al Salone di Torino del 1990 ecco la Young 2, con un allestimento pressoché identico a quello precedente ma con un numero “2” stilizzato in azzurro aggiunto dopo la scritta “Young”. A fine 1990 ecco l’ultimo atto della Young pre-restyling: scomparso il “2”, ora l’allestimento è semplificato con un filetto che non corre più sotto il coperchio del cofano ma più in alto, solo su portiera e secondo volume. In coda presenta un filetto sottile e il logo alla base del montante posteriore è composto da lettere bianche in stampatello maiuscole inserite in “caselle” verdi sovrapposte. I cerchi sono ora quelli senza borchia ma con mozzo nero delle L e CL del 1986 e gli indicatori di direzione di nuovo arancio. Simile operazione atta a “far respirare” le linee di produzione del F.I.R.E. di Termoli nel 1989 con la presentazione, in giugno, di un nuovo allestimento dotato dell’immarcescibile “aste e bilancieri” di 903 cm3, intanto sopravvissuto sulla Uno Trend, in grado di erogare 45 CV a 5600 giri/minuto e dotato di una coppia di 6,8 kgm (67 Nm) a 3000 giri/min. Alimentato da un carburatore Weber 32 ICEV 50/250 o da un Solex C32 DISA/11, ovviamente con un albero a camme nel basamento, come ormai noto.
Anche qui abbiamo prestazioni lievemente inferiori e consumi appena più alti rispetto alla 1000 ma a ciò sopperisce, come per la Young, un allestimento vivace e colorato, specialmente per la versione destinata al mercato italiano, denominato “Dance”: anche qui l’allestimento si plasma su quello della CL ma questo è ben riconoscibile, oltre che dalle borchie integrali in plastica della Super , per la decalcomania arancione lungo tutta la fiancata e il logo “Dance” in corsivo, nero, su fondo colorato “a pennellate” (blu, giallo, verde, rosa e arancione), lo stesso replicato sul portellone mentre la stessa scritta campeggia al centro dello schienale dei sedili anteriori, disponibili in una fantasia di tessuto a bande oblique su base azzurro/verdone/blu o rosso/arancio/viola, Il resto degli interni – pannelli ridotti, portacarte solo al passeggero, assenza del termometro dell’acqua, volante a due razze – sono comuni a CL e Young, ma qui tergilunotto, vetri posteriori apribili a compasso, e pneumatici maggiorati 155/65 SR13 sono di serie. A richiesta ci sono i cristalli atermici, lo specchietto destro e la vernice metallizzata (il Blu Agadir, altrimenti disponibile nei colori pastello Rosso Corsa o Nero con interni rosso/arancio/viola, Bianco e Verde Izmir con interni azzurro/verdone/blu, lo stesso per Blu Agadir). Il prezzo, rispetto alla Super, è inferiore di quasi due milioni. La Dance sul mercato estero sarebbe stata presentata con un allestimento più sobrio e denominato “Bella”. Nell’aprile del 1990, in occasione del lancio della Young 2, ecco arrivare la “New Dance”, identica alla Dance se non per le scritte “arricchite” dal nuovo suffisso e ora tutte in stampatello maiuscolo.
AGGIORNAMENTI SUCCESSIVI
A dimostrazione di quel successo e dell’eccesso di prudenza della dirigenza accennati prima, nell’estate del 1987 la Panda domina il suo segmento di appartenenza con ben il 50% di vendite in media, su scala europea, attestandosi come una delle Fiat più vendute all’estero. Questo avrebbe quindi finalmente indotto ad un cambio di strategia; la Panda si sarebbe dovuta rinnovare costantemente, presentando modifiche di dettaglio ma che rendessero gradualmente più curati e soddisfacenti per la clientela allestimenti e dotazioni. Nel settembre 1987 quindi, la gamma viene rivista, svecchiata e arricchita. La più riconoscibile della nuova gamma è sicuramente la Super, che ha ora ampi fascioni antiurto laterali che insistono senza soluzione di continuità tra i due passaruota e, in prossimità di quello posteriore, ospitano la sigla identificativa “Super”. Al posteriore ha ora una fascia a motivo puntinato sfumato nero (bianco con tinta Nero), collocata sotto al lunotto e sopra la nervatura del portellone che collega visivamente i proiettori, dove è collocato un profilo rosso. Lo stesso profilo rosso (o giallo) al portellone identifica invece ora le versioni CL e Diesel, dotate di indicatori di direzione anteriori bianchi e borchie ruota semi-integrali già viste sulla Young e di una nuova stoffa per sedili e tappezzeria, nera e blu con fini cuciture multicolore, moquette al pavimento e leva del cambio “rivestita” come su Super e Young. Fra i colori scompare il Visone metallizzato, seguito a maggio 1988 anche dal Turchese, lasciando in listino il solo Grigio Chiaro (a richiesta anche per CL, oltre che per S) mentre ora il Bianco non è più il Corfù. Il motore da 1 litro è sempre disponibile nella sola versione S mentre le 750 hanno cambio a 5 marce con allestimento S, optional per la CL. Nel frattempo, ma esclusivamente destinato all’esportazione, ecco esordire il motore 1000 F.I.R.E. con marmitta catalitica e iniezione elettronica Single Point (Panda 1000 Cat.), realizzato per rispettare le norme antinquinamento di molti Paesi europei e contraddistinto da scatola filtro e carter della distribuzione neri.
Uno sguardo all’ecologia però, verrà dato anche nella primavera del 1989, quando la gamma Panda viene ampliata con i motori della serie “Europa” (comuni ad altri modelli del Gruppo), la due motorizzazioni F.I.R.E. sempre a carburatore con potenze invariate rispetto alle normali ma qui caratterizzate dal cosiddetto “Eco Box”, ovvero un sistema che scalda la miscela aria/benzina nel collettore di aspirazione così da aumentarne la combustione e quindi migliorarne l’efficienza. Per l’occasione anche gli allestimenti ricevono qualche piccola novità: la Super – che mantiene fascioni laterali, decalcomania sfumata serigrafata e filetto rosso sul portellone – ha interni in nuovo tessuto, più robusto e moderno rispetto al precedente panno “floccato”, a base grigio/beige con inserti di “blocchetti” a righine multicolore. Fra li accessori per tutte ci sono la vernice metallizzata, il tetto apribile in due sezioni di tela, i passaruota supplementari, le cinture di sicurezza posteriori e lo specchietto destro. Solo per la Super invece, si possono avere i cristalli atermici, gli pneumatici 155/65 SR13 e l’orologio analogico. Novità anche fra le tinte disponibili: rimangono il Rosso Corsa, Bianco, Nero e Grigio Metallizzato, torna l’Azzurro Metallizzato ed esordiscono il Blu Agadir, il Verde Tropico, il Bordeaux (tutti metallizzati), l’Azzurro Nautico, il Verde Izmir (non disponibile su Super) e il Rosso Master (tutti pastello).
LA SELECTA
L’ultima novità sarebbe stata presentata nei concessionari nell’ottobre del 1990: è la Panda Selecta, la prima Panda dotata di cambio automatico. Si tratta di un raffinato e innovativo cambio ECTV, Electronic Continuously Variable Transmission, ossia “cambio a variazione continua a comando elettronico”, prodotto in collaborazione con la Fuji, azienda con sede in Giappone, Paese dove questo tipo di cambio – che ha la caratteristica di avere rapporti “infiniti” e quindi dare la sensazione di guidare un monomarcia rendendo la guida dolce e mai brusca, soprattutto nel traffico – è molto diffuso, anche su modelli più grandi. L’ECVT è l’evoluzione del sistema Fiat a pulegge a diametro variabile con frizione elettromagnetica, che monta su diversi modelli ormai da diverso tempo. Analizzando il sistema abbiamo: un variatore continuo, capace cioè di impostare infiniti rapporti (tra un minimo ed un massimo impostati da progetto) tramite le pulegge; la frizione elettromagnetica; un gruppo inversore a ingranaggi elicoidali, con innesto sincronizzato, per la selezione della marcia avanti (D e L), della “folle” (N) e della marcia indietro (R); un gruppo di riduzione finale con differenziale incorporato; un sistema idraulico ad alta pressione, alimentato con pompa a ingranaggi, che controlla l’azionamento delle pulegge e la lubrificazione di tutti gli organi. Qui la variazione del diametro delle pulegge è comandata dal regime del motore, dalla posizione del pedale dell’acceleratore e di quello della leva cambio: premendo più o meno sull’acceleratore, si ottiene il rapporto ottimale, con la possibilità di eseguire la manovra di kick-down, ossia premere a fondo il pedale così da impostare il rapporto utile a raggiungere la massima potenza, favorendo i rapporti corti, più pronti. La leva selettrice prevede la posizione “L”, cioè “Low”: selezionandola il sistema idraulico di gestione mantiene il range di rapporti più corti, consentendo la massima accelerazione possibile in funzione dell’apertura della valvola a farfalla, garantendo anche il freno motore in rilascio. Per spegnere e accendere la vettura invece, la leva deve essere in posizione “P” (Parking), oppure, a differenza dei cambi automatici moderni che non lo prevedono, in “N”. Se si è in altra posizione, un cicalino avverte il conducente. Altra particolarità dell’ECTV è l’assenza di trascinamento, ossia, a macchina ferma non occorre agire sul freno anche se si è in “D” (Drive), come accade invece sui cambi automatici normali. Questo si traduce in un assorbimento di energia piuttosto ridotto a fronte di prontezza e brillantezza di guida, doti piuttosto apprezzate in città, terreno preferito della “Panda automatica”. La Selecta – la cui scritta appare al posteriore appena sotto la scritta “Panda” – ha un allestimento corrispondente a quello intermedio CL ed è dotata, per l’Italia del 1000 F.I.R.E. a iniezione elettronica di 1108 cm3 da 50 CV con catalizzatore (lo stesso che ha intanto esordito su Uno e Y10).